La mia caponata

La cucina campana, nel periodo del dopoguerra, è stata caratterizzata dalle difficoltà nel reperire le materie prime.

Prima del dopoguerra, la fresella di grano duro era riservata solo alle classi sociali benestanti, metre per i meno abbienti si usavano quelle di orzo e di miscele di orzo e grano.

La fresella era una valida alternativa al pane visto che la farina scarseggiava.

La sua forma era studiata opportunamente per essere infialata in una cordicella che costituiva una collana,  facile da trasportare, o essere appesa.

Nella tradizione salentina la panificazione veniva fatta ogni 2-3 settimane ,solo il 20% della stessa (circa 200kg) veniva panificato ad impasto morbido per il consumo immediato, il resto veniva sfornato come freselle che assicuravano una maggiore conservazione nel tempo e venivano stipate in grossi orci di creta.

Possiamo dire che la produzione delle freselle era diffusa in contesti in cui era poco pratico o impossibile panificare frequentemente.

A Napoli la fresella è la base della caponata, preparata con pomodoro a pezzetti, aglio, olio, origano, basilico, riposti su su una fresella bagnata.

Una variante più ricca prevede l’aggiunta del tonno e delle acciughe.

Come vediamo le nostre tradizioni si basano sempre o spesso sul pomodoro, aglio, basilico, pane o la pizza.

Leggere il nostro passato ci aiuta a capire quale sarà il nostro futuro.